30 anni fa Carl Sagan, astronomo e divulgatore scientifico, ebbe l’idea di utilizzare la fotocamera della sonda Voyager 1, per scattare una foto alla Terra.
In quel momento, la Voyager 1, si trovava a circa 6 miliardi di km dal nostro pianeta, oltre l’orbita di Plutone.
Una distanza immensa, quasi inimmaginabile per l’uomo, da sempre costretto a camminare su quell’unico pianeta, che è la nostra casa.
Ma ad appena un battito di ciglia, se sei un fotone. 6 ore luce, questa è la distanza in termini astronomici.
E in universo osservabile dal diametro di 91 miliardi di anni luce, questo è ciò che si vede della Terra a 6 ore luce di distanza: un “granello di polvere blu sospeso in un raggio di Sole”.
Tutto ciò che avete accanto, tutto ciò di cui potete percepire l’odore, ascoltare il suono, toccare, è su quel granello.
Ecco alcune riflessioni di Carl Sagan:
«Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse.
Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita.
L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole.
La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.
Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino.
Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio.
Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida.
Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico.
Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l’unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c’è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere.
Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo.
Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.»