L’acqua come precursore sismico

L’acqua come precursore sismico

I ricercatori stanno ipotizzando di utilizzare l’acqua come segnale precursore di un eventuale evento sismico. “E’ una frontiera ancora lontana, ma vogliamo pensare di aver fatto dei passi in avanti molto importanti per raggiungerla”: commentando cosi gli autori della ricerca pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports, (Clicca qui per aprire la pubblicazione) ricercatori della Sapienza di Roma, del Cnr e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Con la loro hanno messo in evidenza come, già prima della scossa del 24 agosto 2016, con il sisma che colpì l’Italia centrale, qualcosa nell’acqua delle sorgenti situate nel cratere sismico era cambiato.

7 sorgenti e un pozzo tra Sulmona e Popoli (a 70-100 chilometri dall’epicentro) si sono arricchiti di ferro, vanadio e arsenico. La loro concentrazione è aumentata fino a 20 volte. L’acidità si è leggermente accentuata, insieme alla presenza di anidride carbonica.

Le alterazioni sono proseguite anche dopo la scossa principale. Il livello delle falde acquifere è cresciuto di alcune decine di centimetri e il cromo si è aggiunto al mix di elementi misurati nelle sorgenti. Oggi, oltre un anno e 76mila scosse più tardi, i valori sono rientrati nella norma.

Non vi è alcuna certezza per il momento ma l’ipotesi sembra confermarsi da altri eventi sismici avvenuti in altre parti del mondo, come spiega Marco Petitta Idrogeologo della Sapienza: “… lo stesso è avvenuto a L’Aquila nel 2009 e che anche in Giappone alcune analisi, svolte poco prima del terremoto di Kobe del 1995 e quello del 2011, avevano rivelato l’alterazione dell’acqua, con valori anomali di gas tra cui il radon.”.

Andrea Billi del Cnr afferma che nel terremoto dell’Iripinia vi fu un aumento del livello delle sorgenti dopo il 1980 e simile in Cina, nel 1975 prima della devastante scossa il livello dei fiumi era aumentato. “Forse le sorgenti superficiali, prima degli eventi sismici, si mischiano alle acque più profonde” – afferma Billi.

Attualmente le caratteristiche delle acque sorgive non sono mai state considerateaffidabili precursori sismici. Ma già un giovane laurendo, Marino Domenico Barberio, nel corso della stesura della sua tesi nel 2015, aveva iniziato a monitorare le sorgenti nei pressi di Sulmona, scoprendo dati interessanti e che indicano che la frattura avvenuta con il terremoto ha fatto sì che le acque superficiali venissero contaminate da elementi presenti solo a determinate profondità; spiega Billi – “Ad ogni modo, ogni territorio fa storia a sé e servirebbe monitorare aree estese nel lungo termine. La strada è lunga e difficile, ma non impossibile. Fino al 1980 non avevamo neanche una rete sismica nazionale”.

Fonte notizia Repubblica.it