La manutenzione dei corsi d’acqua è una pratica essenziale per affrontare eventi meteorologici moderati, ma diventa inefficace di fronte a fenomeni estremi sempre più frequenti.
Il sistema di scolo delle acque su cui facciamo affidamento è stato progettato decenni fa, con fiumi incanalati e argini ormai datati. Tuttavia, le infrastrutture attuali non sono più sufficienti a gestire i carichi idraulici che ci troviamo ad affrontare oggi. Se non comprendiamo questo, sarà impossibile trovare soluzioni adeguate.
Un’idea diffusa è che la pulizia dei fiumi sia la soluzione a tutti i problemi legati alle piene. Questo concetto deriva da una percezione storica errata: si pensa che “una volta” si facesse manutenzione più efficacemente, ma in realtà, i fiumi godevano di maggiore rispetto da parte dell’uomo e del territorio circostante.
Dal dopoguerra, i fiumi sono stati utilizzati come cave a cielo aperto e sistemi per far defluire rapidamente le acque verso il mare. Questo ha comportato un’erosione progressiva e regressiva degli alvei, con conseguenze devastanti sul loro stato attuale.
Estrarre sedimenti per “pulire” il fiume è una pratica dannosa. Le estrazioni di sedimenti hanno aumentato la velocità delle correnti, ridotto l’espansione dei fiumi e, soprattutto, compromesso la ricarica delle falde acquifere, che si alimentano attraverso il contatto diretto con i fiumi. Questo processo, insieme all’impermeabilizzazione del territorio, ha reso sempre più difficile affrontare periodi di siccità.
I fiumi di pianura, detti pensili, presentano alvei più alti delle campagne circostanti, costringendo l’uomo a costruire argini sempre più imponenti. Questi argini, però, sono vecchi e spesso mal conservati, soggetti a erosione, scarsa manutenzione e danneggiamenti causati da tane di animali. Tuttavia, il vero problema è la sezione idraulica dei fiumi, che si è ridotta drasticamente nel tempo.
La cementificazione e l’urbanizzazione hanno ulteriormente aggravato la situazione. L’acqua piovana non viene più assorbita dai terreni naturali e finisce rapidamente nelle reti scolanti, aumentando il carico sui fiumi già ristretti. Eventi come quello del Lamone, il 1-2 maggio, hanno dimostrato che queste sezioni non sono in grado di gestire piene intense.
Non basta pulire i fiumi per risolvere i problemi. L’unica pulizia realmente efficace è la rimozione del legname secco, che può creare pericolosi sbarramenti, soprattutto in prossimità dei ponti.
Gli alberi vivi, al contrario, sono una difesa idraulica naturale, rallentando la corrente e contribuendo alla stabilità delle sponde. Rimuovere sedimenti in nome della pulizia è un errore: aumenta la velocità delle correnti, accelera l’erosione e compromette il trasporto solido, fondamentale per mantenere l’equilibrio delle coste.
Quando si parla di “ridare spazio ai fiumi”, molti storcono il naso, immaginando scenari di naturalizzazione incontrollata. Ma la verità è che questa è una soluzione necessaria.
Non si tratta di lasciare i fiumi al loro stato naturale, ma di attuare interventi mirati che permettano di ripristinare le fasce tampone e le aree golenali, fondamentali per la biodiversità e la ricarica idrogeologica.
Gli arretramenti degli argini o la loro eliminazione in alcune aree possono essere la chiave per ampliare le sezioni idrauliche e migliorare la gestione delle piene. Certo, questo comporterà interventi drastici, inclusi espropri, ma è un prezzo che dobbiamo essere disposti a pagare per correggere errori di pianificazione vecchi di decenni.
Un’altra soluzione cruciale è la creazione di aree di laminazione, come casse di espansione o zone allagabili, che permettano ai fiumi di espandersi naturalmente in caso di piene.
Queste aree possono ridurre il rischio di allagamenti nelle zone urbane e contribuire a gestire il surplus idrico generato da eventi climatici sempre più estremi.
La manutenzione dei corsi d’acqua, così come è stata concepita finora, non basta più. I cambiamenti climatici e la crescente urbanizzazione richiedono un ripensamento delle strategie di gestione delle acque.
Dobbiamo imparare a dare nuovamente spazio ai fiumi, ripristinando aree golenali e migliorando la capacità delle sezioni idrauliche di gestire i carichi d’acqua. Solo così potremo affrontare in modo efficace le sfide idrologiche del futuro.
Non si tratta di essere ambientalisti, ma di capire come funzionano i fiumi.
Riflessione tratta dall’elaborato di Giulio Torri Geologo
Questo post è stato modificato il 21 Settembre 2024 07:45
Tra il 17 e il 19 settembre 2024, l'Emilia Romagna è stata colpita da un'intensa ondata di maltempo che ha… Read More
Un intenso vortice ciclonico proveniente dai Balcani sta per fare il suo ingresso sull'Italia, portando un periodo di tempo instabile… Read More
La settimana che ci attende sarà dominata da condizioni meteo perturbate, con un ritorno del vortice ciclonico dai Balcani che… Read More
La Louisiana non ha avuto scampo! L'uragano Francine originatosi in corrispondenza dell'America Centrale, lo scorso fine settimana, nelle giornate tra… Read More
Giungono drammatiche notizie dagli Stati Uniti, da giorni dei maxi incendi stanno colpendo la California e il Nevada con gravissime… Read More
Domenica 8 settembre 2024: Temporali Intensi e Allagamenti in ItaliaLa giornata di domenica 8 settembre 2024 è stata caratterizzata da… Read More